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8 Ottobre 2019

Manufatti compostabili e compostaggio: l’interessante posizione del C.I.C.

La recente evoluzione normativa sugli imballaggi e la diversa sensibilità ambientale di imprese e consumatori stanno provocando un costante incremento di rifiuti originati da manufatti in “plastica biodegradabile”, definita dalla recente direttiva europea (UE) 2019/904 (cosiddetta “direttiva SUP” – Single Use Plastics) come “plastica in grado di subire una decomposizione fisica, biologica grazie alla quale finisce per decomporsi in biossido di carbonio (CO 2 ), biomassa e acqua, ed è, secondo le norme europee in materia di imballaggi, recuperabile mediante compostaggio e digestione anaerobica”.

In questo contesto il Consorzio Italiano Compostatori, organizzazione che riunisce e rappresenta gli operatori del settore occupandosi di promuovere e valorizzare le attività di riciclo della frazione organica dei rifiuti, ha ritenuto opportuno esprimere la propria posizione su tale fenomeno e sulle implicazioni sulla filiera della produzione di compost e biometano, con un comunicato stampa.

Innanzitutto si cerca di fare chiarezza sui termini, indicando la preferenza per il termine di plastiche “compostabili”, sulla base della norma tecnica di riferimento, la UNI EN 13432, più adatto a caratterizzare destinazione, ruolo e comportamento di questi materiali, rispetto ad altri termini a volte utilizzati quali “plastica biodegradabile” o “bioplastica”, troppo generici e confusivi.
Nello specifico le plastiche compostabili, certificate secondo il citato standard, hanno caratteristiche tali da poter essere incorporate, in senso generale, nei processi di compostaggio industriale, convertendosi in acqua, anidride carbonica e compost.
Il CIC, da parte sua, nel 2006 ha creato un marchio (Compostabile CIC) il cui ottenimento prevede che la prova di disintegrabilità sia effettuata in scala reale, ossia in un impianto di compostaggio; questa prova garantisce dunque, una volta di più, la compatibilità dei manufatti compostabili con i sistemi industriali di compostaggio.

La rapida diffusione di manufatti monouso compostabili porterà alla determinazione di alcune sicure criticità che il CIC ritiene debbano essere debitamente governate al fine di evitare la possibilità che venga messa in crisi l’intera filiera del recupero dei rifiuti organi, che oggi garantisce la gestione di quasi 7.000.000 di tonnellate di rifiuti.

Le principali criticità individuate da CIC sono:

 la confusione che si genererà negli utenti dei servizi di raccolta differenziata, nonché negli operatori, derivante dalla compresenza sul mercato di manufatti, compostabili e quelli realizzati in materiali plastici convenzionali, con il rischio di un forte trascinamento di questi ultimi nella raccolta differenziata dei rifiuti organici, con un conseguente pesante decadimento della qualità della stessa;
 la presenza di “manufatti compostabili” che non siano certificati in base alla norma unificata UNI EN 13432, con conseguenze negative sulla filiera del recupero del rifiuto organico;
– in generale un significativo cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici che gli impianti devono trattare.

Il CIC si auspica conseguentemente che vengano messi in atto adeguamenti tecnici e procedurali per gestire al meglio questi cambiamenti; tali adeguamenti necessiteranno, oltre che di investimenti, anche di collaborazione tra tutti i rappresentanti della filiera (produttori dei manufatti, grande distribuzione, consumatori, amministratori pubblici, aziende di raccolta, impianti di riciclo).
Va peraltro segnalato che la necessità di separare in impianto i materiali non compostabili (MNC) comporti un fattore di “trascinamento” legato al fatto che queste impurità trascinano un quantitativo di sostanza organica pari sino a 3-4 volte il loro peso e questo già oggi comporti in alcuni impianti un decadimento importante dell’effettivo tasso di recupero dei rifiuti. La tendenza verso modalità di trattamento con, almeno in una prima fase, digestione anaerobica, acuisce il problema, perché anche le plastiche compostabili sono difficilmente degradabili alle condizioni fisico-chimiche del processo, in particolare se in presenza di impianti progettati con processi di tipo wet o semi-dry.

Alla luce delle preoccupazioni sopra esposte e in previsione dell’imminente recepimento (2021) della direttiva Europea SUP (Single Use Plastics), il CIC chiede al Governo e alle Istituzioni che:
– i manufatti compostabili abbiano una immediata e facile riconoscibilità attraverso l’apposizione di uno specifico simbolo che identifichi la filiera di recupero a cui devono essere avviati;
– si lavori sull'”ecodesign“, di cui si parla spesso, per facilitare il recupero/riciclo di un manufatto immesso al consumo;
– vengano messe a disposizione le necessarie risorse per una capillare ed efficace informazione ai cittadini sulle novità provocate dalla Direttiva Europea;
– il rilascio del simbolo identificativo deve essere previsto all’interno di un percorso definito che garantisca almeno la presenza dei necessari requisiti di compatibilità con il sistema del compostaggio industriale, primo fra tutti la certificazione secondo lo standard europeo EN 13432, e che garantiscano la tracciabilità;
– vengano previste adeguate risorse per effettuare gli eventuali investimenti che gli impianti di compostaggio dovranno affrontare per far fronte al cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici prodotto dall’aumentata presenza dei nuovi manufatti compostabili.

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di Riccardo Marchesi

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