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6 Febbraio 2020

La sostenibilità comunicata nelle etichette dei prodotti a largo consumo

L’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy dall’anno 2017 incrocia le informazioni riportate sulle etichette di migliaia di prodotti (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) con le rilevazioni Nielsen su venduto (retail measurement service), consumo (consumer panel) e fruizione dei media (panel TV – Internet). GS1 Italy è l’associazione senza scopo di lucro che riunisce 35 mila imprese di beni di consumo. Ha l’obiettivo di facilitare il dialogo e la collaborazione tra aziende, associazioni, istituzioni per creare valore, efficienza, innovazione ecc.

La sesta edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy raccoglie i dati dell’anno raccolti fino a giugno 2019. È stata realizzata su una base di oltre 100 mila prodotti del largo consumo e i prodotti in vendita nella grande distribuzione rilevati da Nielsen. L’oggetto dello studio sono i prodotti di tipo alimentare, il Pet food, i prodotti per la cura della persona e della casa.
Questi prodotti nell’anno terminante a giugno 2019 hanno sviluppato circa 36 miliardi di euro di vendite pari all’82% di quanto venduto nel totale mercato del largo consumo in Italia da ipermercati e supermercati: una straordinaria base informativa per leggere i cambiamenti dei consumi degli italiani.

Per quanto riguarda espressamente l’appeal dei valori ambientali e di sostenibilità riportati sulle etichette dei prodotti, Marco Cuppini (Research and Communication Director di GS1 Italy) afferma che “la sostenibilità si sta facendo strada sulle etichette, in alcuni casi occupando più spazio del brand stesso, diventando esso stesso brand. Così il consumatore attento ai temi del rispetto dell’ambiente sarà influenzato da come viene comunicato (o non comunicato), ad esempio, il materiale con cui è fatta una bottiglietta d’acqua, se è riciclabile, se è compostabile”.

Lo studio ha rilevato incidenza e trend delle vendite dei prodotti secondo tutta una serie di elementi.

Un primo elemento di indagine concerne il mondo di loghi e certificazioni dell’area della corporate social responsibility (CSR)FSC  Forest_Stewardship_Council,  EcolabelSustainable cleaningFriend of the sea, UTZ , FairtradeEcocertMSC, dove si registra un aumento generale delle vendite di prodotti con questi marchi.

Un altro ambito ha avuto per oggetto i prodotti per la pulizia domestica “green”, accomunati da claim con caratteristiche in etichetta come “biodegradabile”, “vegetale”, “senza nichel”, “plastica riciclata”, “meno plastica”, “senza fosfati”, “senza allergeni”. Tra il primo semestre 2018 e il primo semestre 2019, le vendite di questi prodotti, che costituiscono il 7,0% del paniere dei prodotti cura casa monitorati dall’Osservatorio Immagino, sono cresciute del +6,5%, migliorando il +3,8% ottenuto nell’anno precedente.

Secondo il Nielsen Sustainable Shoppers Report 2018il 16% degli italiani si dichiara molto sicuro e il 45% abbastanza certo di cambiare le proprie abitudini di acquisto e di consumo per ridurre il proprio impatto ambientale. Ma solo il 20% è disposto a spendere di più per acquistare prodotti che offrano qualità, sicurezza e rispetto dell’ambiente. Partendo dagli oltre 106 mila prodotti monitorati dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy in quest’edizione, sono stati selezionati solo quelli caratterizzati da indicazioni che si riferiscono alla sostenibilità. Ne è derivato un “paniere green” composto da 19.182 prodotti che, nell’anno finito a giugno 2019, hanno sfiorato i 7 miliardi di euro di “sell-out” (vendita a consumatori finali) nel canale iper+super. Rispetto ai 12 mesi precedenti, la crescita a valore è stata del +3,4%. I principali aspetti della sostenibilità cui le aziende fanno riferimento sulle etichette dei prodotti riguardano l’attenzione nella gestione delle risorse (come la comunicazione esplicita dell’utilizzo nel packaging di una minore quantità di plastica o di materiale riciclato), i metodi di coltivazione e di allevamento sostenibili, l’impegno nel garantire condizioni lavorative sostenibili e la salvaguardia delle foreste, e, in ultimo, il rispetto dei protocolli per una pesca sostenibile e per il rispetto degli animali.

Entrando nel dettaglio, l’area tematica del management sostenibile delle risorse comprende tutte quelle attività che prestano attenzione nella gestione delle risorse, come la comunicazione esplicita sul packaging del prodotto dell’utilizzo di una minore quantità di plastica e di materiale riciclato. Sono stati considerati i claim: “sostenibilità”, “Sustainable cleaning (certificazione)”, “riduzione impatto ambientale”, “con materiale riciclato”, “senza fosfati”, “biodegradabile”, “vegetale (nel comparto cura casa e cura persona)”, “riduzione sprechi”, “riduzione/controllo emissioni CO₂”, “Ecolabel (certificazione)”, “meno plastica”. È l’agglomerato che dà il contributo più importante alle vendite del “carrello green” e anche il numero uno per numero di claim e certificazioni rilevati (11). Con i suoi 5.841 prodotti (pari al 5,5% di quelli rilevati dall’Osservatorio Immagino) nell’anno finito a giugno 2019 ha generato 2.854 milioni di euro di giro d’affari, ossia l’8,0% del totale sviluppato dall’intero paniere analizzato. Il trend annuo è stato interessante (+3,9%), ma ancora molto contenuto in relazione alle potenzialità di crescita, sia a livello di numero di aziende che di categorie coinvolte.

L’ area tematica dell’agricoltura e dell’allevamento sostenibili comprende tutte le attività che prestano attenzione ai metodi di coltivazione e di allevamento sostenibili. Vi sono compresi i claim: “biologico/EU organic”, “senza OGM”, “100% ingredienti naturali”, “senza antibiotici”, “biologico cura persona”, “Ecocert” (certificazione), “filiera/tracciabilità”. Negli ultimi anni quello dei prodotti ottenuti con sistemi agricoli o con tecniche di gestione degli allevamenti all’insegna della sostenibilità è stato uno tra i comparti più in crescita nel mass market, per effetto dell’espansione della domanda e del forte ampliamento dell’offerta di prodotti biologici. Riunendo tutti i prodotti che hanno in etichetta uno dei sei claim di quest’area si arriva a un carrello con 10.367 prodotti per 2.245 milioni di euro di sell-out, in crescita annua del +5,7%.

Lo studio poi, oltre ad un approfondimento sull’area tematica della responsabilità sociale, affronta il tema del rispetto degli animali ossia tutte quelle attività che prestano attenzione alla gestione del rispetto di protocolli per una pesca sostenibile e per il rispetto degli animali; sono compresi i claim: “friend of the sea” e “cruelty free”. Si tratta di 939 prodotti, che determinano vendite per 437 milioni di euro (1,2% di quota totale sul largo consumo rilevato), in crescita annua del +2,3% a seguito di un ampliamento del +4,7% dell’offerta.

Nell’era del cambiamento climatico e della questione ambientale, il packaging dei prodotti di largo consumo assume un nuovo ruolo: non è più cruciale solo lungo la “supply chain” ma lo è anche nelle scelte d’acquisto dei consumatori. Per quanto rimanga centrale e imprescindibile la sua funzione di conservare e proteggere i prodotti lungo l’intera loro vita commerciale, “from farm to fork”, oggi l’imballaggio è oggetto di discussione. Infatti le considerazioni e le preoccupazioni riguardo l’impatto sull’ambiente delle confezioni in cui sono venduti i prodotti presenti nel carrello della spesa domestica si stanno ritagliando sempre più spazio nel dibattito pubblico. L’Osservatorio Immagino ha analizzato gli oltre 92 mila prodotti presenti nel suo database su cui sono presenti informazioni utili sulla riciclabilità del packaging. Da quest’analisi emerge che la tara incide, in media, per il 18,4% sul peso dei prodotti. L’incidenza della tara cambia, e di molto, nei vari comparti merceologici.

La categoria in cui è maggiore sono le bevande, per effetto della diffusa presenza dei contenitori in vetronei mercati della birra e del vino. Al contrario, il comparto dove il packaging ha il peso meno rilevante è il petcare, grazie anche alla diffusione di maxi formati. La tara ha un peso significativo anche nei prodotti della drogheria alimentare (18,0% del peso), sia per il maggiore numero di referenze a scaffale sia perché in questa categoria coesistono molteplici tipologie di imballaggi (come vetro, alluminio, plastica e carta). Questa è la fotografia dei prodotti acquistati non considerando la quantità per ogni prodotto. Ma se si scatta la stessa “istantanea” al carrello della spesa – ossia a quello che il consumatore effettivamente sceglie di acquistare e quindi al numero di confezioni acquistate per prodotto che di fatto determina la reale composizione del carrello – allora il peso medio della tara scende al 10,7%. Partendo da questi dati, l’Osservatorio Immagino stima che gli acquirenti di prodotti grocery all’interno di ipermercati e supermercati hanno portato a casa nell’ultimo anno oltre 1,2 milioni di tonnellate di packaging, rappresentate soprattutto dai contenitori delle bevande (500 mila tonnellate) e dei prodotti della drogheria alimentare (450 mila tonnellate).

Le comunicazioni che la riguardano la riciclabilità del packaging in etichetta si sono ritagliate un loro spazio anche sulle etichette dei prodotti di largo consumo. Lo scopo è chiaro: segnalare l’impegno delle aziende del largo consumo nel ripensare in chiave eco-compatibile il packaging dei loro prodotti e aiutare i consumatori a conferirlo correttamente nella raccolta differenziata dopo l’uso. Per circoscrivere e misurare la tendenza a comunicare on pack i valori di sostenibilità degli imballaggi, l’Osservatorio Immagino ha verificato quanto le informazioni sulla riciclabilità delle confezioni sono inserite nelle etichette dei prodotti e ne ha verificato la distribuzione nelle diverse categorie merceologiche. Ne è uscito uno spaccato molto preciso e dettagliato: il 25,4% dei 106.419 prodotti confezionati del largo consumo rilevati riporta sulla confezione le istruzioni per il riciclo del pack. Invece il restante 74,6% non fornisce alcuna informazione in merito. Ciò non significa che 3 prodotti su 4 siano confezionati in imballaggi non riciclabili, ma solo che non specificano in etichetta come il consumatore debba gestire lo smaltimento del packaging. Effettuando però una ponderazione in base alla composizione del carrello medio, l’Osservatorio Immagino ha calcolato che la percentuale dei prodotti presenti nel carrello della spesa che comunicano la riciclabilità dell’imballaggio sale al 42,3%. A determinare questo valore è il ruolo preponderante dei prodotti che appartengono ai brand leader e alle marche del distributore, che sono i più attivi nell’inserire sulle etichette le informazioni riguardanti la riciclabilità del packaging. Dunque, mediamente, più di quattro confezioni su dieci di quelle acquistate dal consumatore indicano in modo esplicito se e come il packaging può essere smaltito. Anche in questo caso, nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti virtuosi: i prodotti per cui è effettivamente possibile riciclare la confezione interamente o largamente.

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di Riccardo Marchesi

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