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13 Gennaio 2022

Pubblicità “ambientale” ingannevole e greenwashing

 

La pubblicità di presunte caratteristiche di ecocompatibilità non supportate da elementi e dati scientifici non è ammissibile. Lo conferma un’Ordinanza del Tribunale di Gorizia del 25 novembre 2021 che inibisce, con effetto immediato, in via diretta e indiretta, la diffusione dei messaggi pubblicitari ingannevoli emessi da una società che realizza tessuti destinati al settore automobilistico, in qualsiasi forma ed in qualsiasi contesto e sito, ordinandone l’immediata rimozione da ogni possibile contesto.

 

Comunicazione commerciale sotto controllo

Infatti con l’entrata in vigore dell’edizione del 27 marzo 2014, al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale è stato aggiunto un inedito articolo 12, “Tutela dell’ambiente naturale”, per cui “La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono”. La comunicazione commerciale nel prospettare un beneficio ambientale deve “consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzati i benefici vantati si riferiscono”. Ciò in ragione del fatto che la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da una impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto del consumatore medio. Più in generale, la giurisprudenza autodisciplinare (decisioni del Giurì e ingiunzioni definitive del Comitato di Controllo) ha posto in rilievo che la pubblicità ambientale può fare riferimento, implicitamente o esplicitamente: alla relazione tra prodotto e ambiente; alla promozione di uno stile di vita eco-compatibile; alla presentazione di un’immagine aziendale caratterizzata dall’impegno ambientale. E ciò, mediante l’utilizzo di dichiarazioni ambientali “verdi” che devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile.

 

L'Ordinanza del Tribunale

Nel caso in oggetto il Tribunale ha sancito che i messaggi pubblicitari risultavano sicuramente molto generici in alcuni casi e sicuramente creavano nel consumatore un’immagine green dell’azienda senza peraltro dar conto effettivamente di quali siano le politiche aziendali che consentono un maggior rispetto dell’ambiente e riducano fattivamente l’impatto che la produzione e commercializzazione di un tessuto di derivazione petrolifera possano determinare in senso positivo sull’ambiente e sul suo rispetto. Ulteriormente i giudici hanno precisato che alcuni concetti riportati nella campagna pubblicitaria trovano smentita nella stessa composizione e derivazione del tessuto. Altri appunti sono stati avanzati sui dati relativi alla riciclabilità del tessuto ed alla riduzione delle emissioni di CO2.

In sostanza un messaggio pubblicitario che richiama benefici ambientali non dimostrabili è ingannevole e va ascritto al fenomeno del “greenwashing“, dal quale il consumatore va difeso. 

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di Riccardo Marchesi

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